KOBE
Espressa dunque la «volontà politica» di andare verso una riduzione di metà delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2050, nessun obiettivo per il 2020. I passaggi intermedi sono stati ostacolati dagli Stati Uniti che chiedono uno sforzo maggiore alla Cina.
Jos Delbeke, guida della delegazione Ue: «In assenza di passaggi intermedi avremo un bell'obiettivo a lungo termine, ma nessuna implicazione politica, che è ciò di cui abbiamo veramente bisogno, data l'urgenza del cambiamento climatico».
Le conclusioni dell'incontro assegnano ai "paesi ricchi" la responsabilità di dare l’esempio in termini di diminuzione delle emissioni di anidride carbonica. Le tre direttive d’azione internazionale sui problemi ambientali, proposte dal governo giapponese, prendono il nome della città dove sono state approvate nei giorni scorsi: "Kobe Initiative", "Kobe 3R Action Plan" e "Kobe Call for Action for Biodiversity".
Iniziativa di Kobe
Riguarda la costituzione di una rete internazionale di ricerca sulle società con basse emissioni di anidride carbonica (low-carbon society), l’analisi sul potenziale di mitigazione dei gas nocivi "bottom-up" (ossia partendo da singoli settori e industrie), la promozione di "co-benefici" tra politiche dei Paesi industrialmente avanzati e politiche dei Paesi emergenti, nonchè il supporto ai paesi emergenti per la misurabilità e verificabilità dei dati.
Piano Kobe di azione 3R
Si propone di accelerare sulla proposta del G8 "canadese" del 2004: ridurre i rifiuti e aumentare il riciclo e riutilizzo, per un uso dei materiali più efficiente. Si sollecita una maggiore collaborazione internazionale, oltre alla fissazione di target in ogni Paese, lo sviluppo delle tecnologie relative e l’incoraggiamento delle creazione di un mercato di prodotti eco-efficienti.
Richiesta di azione sulla Biodiversità
Incoraggia la piena attuazione delle dieci attività incluse della Iniziativa di Potsdam-Diversità Biologica 2010. Preme per l’adozione di un target post-2010 sotto l’egida della Convenzione sulla Diversità Biologica: un modello preso a riferimento è la giapponese ’Satoyama Iniziativè, relativa alla gestione sostenibile delle risorse naturali.
L'ITALIA E KYOTO
L’adesione a Kyoto, bloccata per anni dal rifiuto della Russia, è diventata operativa. Il nostro ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, al vertice di Kobe ha comunicato che il nostro paese non può stare nei limiti del Protocollo di Kyoto e chiederà all’Unione Europea di rinegoziare l’impegno.
Ridurre le emissioni di CO2 è difficile, ma indispensabile per contenere l'effetto serra. L'Italia ha bisogno di molta energia, che ricava al 90% da combustibili fossili. Mentre nel Nord Europa sfruttano l'energia solare (!) e costruiscono impianti eolici senza che presunti ambientalisti o qualche discutibile vincolo paesaggistico lo impedisca.
NUCLEARE
Ora però "risolveremo tutto" con centrali nucleari che non entreranno in funzione prima di un decennio (se mai vedranno la luce), quando forse sarà un po' più noto a tutti che il materiale necessario al loro funzionamento, l'uranio, si sta esaurendo.
A partire dagli anni '80 le centrali nucleari hanno consumato più uranio di quanto l'industria minerale ne abbia prodotto. Dunque la scarsità di uranio - più che "l'effetto Chernobyl" - è probabilmente il vero motivo per cui negli stessi anni la realizzazione di nuove centrali si è fermata.
L'uranio, a differenza del petrolio, è un minerale relativamente abbondante nella crosta terrestre, tuttavia, è raro trovarlo sufficientemente concentrato da poter essere considerato "estraibile". La differenza fra produzione e consumo di uranio è stata coperta dal 1980 a oggi smantellando vecchie testate nucleari. Attività tutto sommato positiva, ma la quantità di materiale che se ne ricava è limitata, ammesso che i Paesi vogliano smantellare tutto l'arsenale. Investimenti per ridurre la quantità di uranio necessaria, o per estrarne di più, sarebbero costosissimi e a lungo termine non risolutivi.
Fermo restando il discorso di fondo: le centrali nucleari non sono così sicure e "pulite". Chernobyl, di cui ricorre il 22simo anniversario, è stata la punta dell'iceberg, ma la francese SuperPhénix, a due passi dall'Italia, fu chiusa dieci anni fa dopo una lunga serie di incidenti. Le centrali generano quantità enormi di scorie la cui gestione è tutt'altro che semplice, per non parlare dello stretto legame con l'industria bellica. Finora ha dato pochi frutti la ricerca di "alternative nucleari" all'uranio.
L'EUROPA E GLI ALTRI
Cina e India, in enorme espansione economica, si sono aggiunti ai grandi inquinatori. Masnellyarti Hilman, a capo della missione indonesiana, spiega che il suo Paese mira a ridurre le emissioni del 17% entro il 2020 e del 22% entro il 2025. L'Indonesia è uno dei principali responsabili delle emissioni di biossido di carbonio nel mondo a causa di una diffusa deforestazione. «Gran parte dei Paesi hanno dichiarato gli obiettivo sul lungo, ma servono anche quelli di breve. Il Giappone dovrebbe esercitare la propria leadership per raggiunge questa meta».
Intanto l’Europa ha scelto la via della virtù dandosi obiettivi ambiziosi: 20% di CO2 in meno nel 2020 e 50% entro il 2050. La stessa UE ci ha "concesso" l'emissione annuale di 196 milioni di tonnellate di CO2. Noi dovremmo ridurre le emissioni del 6,5% l’anno e le aumentiamo del 12%. Ammesso che ci possa consolare, nell'Unione solo Regno Unito, Slovenia e Francia hanno superato l’esame del commissario europeo all’ambiente Stavros Dimas.
L'eccesso di emissioni si paga in contanti, comprando "crediti" da paesi più virtuosi (in quanto poveri) o ci si arma di coraggio e si investe nel rinnovamento tecnologico per ridurre veramente le emissioni alla fonte.
Qualche buon risultato tricolore in realtà si vede: le automobili Fiat hanno il primato in Europa della minore emissione di CO2: in media 137 grammi per km percorso. Probabilmente non è ininfluente una cilindrata mediamente inferiore. In ogni caso Volkswagen, Bmw e Mercedes inseguono a distanza, con 162, 177 e 189 grammi per km.
Massimo
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