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lunedì 11 agosto 2008

Mediaset, Cairo e Rai, da furbetti a legulei

Nel Buongiorno del 31/07, l'ottimo Gramellini biasima Mediaset per aver chiesto mezzo miliardo di euro di risarcimento a Youtube (per presunti danni da plagio), visto che la stessa azienda, quando si chiamava Fininvest, aggirava le leggi e raggiungeva il successo con sotterfugi e pressioni di Craxi. Tra gli aneddoti riportati, un accordo con la concorrenza per la spartizione pubblicitaria, firmato il venerdì per entrare in vigore il lunedì, vanificato da una vendita massiccia di tutti gli spazi della stagione operata nel fine settimana. Mi sono premurato di segnalare nei commenti all'articolo, che la fede granata ha probabilmente impedito a Gramellini di precisare che "l'affaire Pubblitalia" fu opera di un giovane e rampante Urbano Cairo, oggi patron del Torino, come documenta l'Espresso.
Biasimo anche io l'ipocrisia di Mediaset che ora si aggrappa alle leggi perché fa comodo, fingendo di scordare decenni di trascorsi "allegri", interventi socialisti/forzisti che hanno a più riprese legalizzato situazioni inaccettabili, lo scandalo di Rete 4 che da anni usa una frequenza assegnata ad altri e continua a trasmettere "regalando" una salata multa quotidiana a tutto il Paese.
Sottolineo per par condicio l'assurdità del canone RAI: strumento discutibile con cui, interpretando allegramente una legge fascista di 70 anni fa, viene imposto a chiunque abbia "apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radiotrasmissioni" di finanziare una tv spazzatura che ha rincorso lo squallore di quella commerciale anziché inseguire almeno in linea di principio il modello del servizio pubblico. Tra i generici "apparecchi atti",
genericamente definiti in era pre-televisiva, si fanno rientrare i pc senza scheda TV, i monitor, le videocamere... a questo punto potrebbe entrare in gioco il binocolo, con cui si potrebbero vedere le trasmissioni ricevuti dai vicini.
Tornando alla questione Pubblitalia, siccome gli amici granata parlano spesso di se stessi come di una razza superiore (noi non possiamo capire), e onesta fino al midollo (nonostante l'antisportività conclamata), riporto il Buongiorno e le parti più significative dell'articolo dell'Espresso in questione (la versione integrale è comunque consultabile qui), pur sapendo che la loro weltanschauung li assolve a priori: le colpe dei dirigenti disonesti della Juve (nonché doping e illeciti mai avvenuti ma presunti dai giudici con acrobazie giuridiche) ricadono sulla squadra e i tifosi tutti, mentre presidenti bancarottari impenitenti o occasionali, fondi neri, tentativi di corruzione arbitrale, bilanci falsi, importazione di giocatori minorenni, rampantismi discutibili come lo stesso affaire Pubblitalia, magazzini traboccanti di creatina, non ledono la dignità dei granata, anzi rinforzano la loro convinzione di essere "poverini", che finiscono sempre in mano ai "cattivi".


(Da "La Stampa"')
In Mediaset virtus di Massimo Gramellini Mediaset ha chiesto 500 milioni di risarcimento a YouTube, che le carpisce a sbafo i programmi per arricchire la sua sterminata videoteca su Internet. Ecco una di quelle notizie che ti fanno invecchiare. Appartengo alla generazione cresciuta con la tv privata e ricordo tutti i passaggi della sua giovinezza, assai più scapestrata della mia perché vissuta sempre sul filo della legge. Mamma Rai era l’istituzione, la sicurezza, la noia. Mediaset (che allora si chiamava Fininvest) il figlio ribelle che faceva il surf sopra le regole e inondava ogni spazio non transennato. Ricordo i programmi registrati su cassetta e trasmessi dalle emittenti regionali in contemporanea per eludere il divieto della diretta nazionale. Le guerre delle antenne combattute all’ultimo interruttore: i pretori spegnevano e zio Craxi riaccendeva. La leggenda dei solenni accordi di spartizione pubblicitaria con la concorrenza, firmati il venerdì per entrare in vigore il lunedì successivo, ma resi cartastraccia durante il weekend, quando si narra che gli uomini del Biscione vendettero tutti gli spot dei mesi a venire. Che rapidità, che energia, che faccia tosta. Gli anni sono passati. Non per il proprietario, che resta un ragazzino allergico alle istituzioni persino adesso che le ha occupate. Ma per noi e per l’azienda che, raggiunta la mezza età, è costretta a usare gli antichi mezzi di Mamma Rai, le leggi, per difendersi dalle scorribande dei nuovi giovani di YouTube: pieni anch’essi di energia, rapidità, faccia tosta. E senza neanche uno zio socialista a coprire loro le spalle.

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(Da L'Espresso)
Sono il vigile Urbano
di Gianluca Di Feo e Alessandro Gilioli
Berlusconi, le feste, la Milano da bere, Mani pulite. Il rilancio nell'editoria gossip. Vita e amici di Urbano Cairo, neo boss astuto e spregiudicato del Torino

Un venerdì del lontano 1982 Urbano Cairo, assistente personale di Silvio Berlusconi, va a trovare il vecchio Edilio Rusconi nei suoi uffici di via Vitruvio, a Milano. Non è una visita di cortesia. La Fininvest, con Canale 5, sta vendendo gli spot a prezzi stracciati e Rusconi, proprietario di Italia 1, non riesce più a sostenere la corsa al ribasso. Urbano ed Edilio discutono fino a sera e trovano un accordo. Una firma sancisce l'impegno a non scendere sotto una cifra pattuita fin dal lunedì successivo. Rusconi, tranquillizzato, va a godersi il meritato weekend. Cairo invece esce di fretta e si fa portare a Cologno, dove convoca subito tutti i venditori di Publitalia, la concessionaria Fininvest, per sguinzargliarli in una 48 ore filata di svendite di spot ai prezzi vecchi. È un fine settimana di fuoco, ma alla fine l'intera stagione di Canale 5 viene piazzata. Quando Edilio torna in ufficio, il lunedì, capisce di essere stato gabbato. A quel punto, per far sopravvivere l'azienda deve vendere Italia 1. E l'unico acquirente possibile è proprio Fininvest.

L'aneddoto, raccontato da un ex manager rusconiano, rende l'idea della scaltrezza di Cairo, acclamato a furor di popolo e di sindaco nuovo proprietario del Torino calcio, cavaliere bianco di fede granata chiamato a salvare l'antica e nobile società di football.
[...]

All'apertura del processo Cairo è l'unico a chiedere il patteggiamento, rompendo il fronte dei manager Publitalia che invece respingono le accuse e si dichiarano vittime politiche. Il suo avvocato, Giuseppe Pezzotta, riesce a concordare una pena di 19 mesi con la condizionale per falso in bilancio, fatture per operazioni inesistenti e appropriazione indebita. La sentenza diventa definitiva nel '99, ma dopo 5 anni scatta l'estinzione del reato e oggi il certificato penale di Cairo risulta immacolato.


Massimo

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