Fatta questa premessa, vorrei segnalare due soddisfazioni regalatemi da questo sito. La prima è che al temine di in un test collegato a Facebook, "Quale regista sei?", è comparsa l'immagine del maestro Kubrick: "Il prototipo del regista perfetto. Sei un perfezionista: pochi film, tutti i generi, niente blockbuster, tutti capolavori".
L’Unione Europea ha decretato che “Euro” in italiano, inglese e tedesco rimane invariato, poi soltanto noi e i crucchi abbiamo accettato questa decisione, anche se forse non di buon grado, visto che spesso si tenta, nei contesti informali, di usare il plurale “Euri”, ma l’Accademia della Crusca, che dovrebbe preservare l’italianità della lingua, ha escluso questa ipotesi.
Uno dei motivi che ha addotto l’Accademia della Crusca è che sulle banconote c’è scritto “Euro”, non “Euri”, cosa che è ovvia: la moneta non è nazionale, viene stampata dalla Banca Centrale Europea, è impensabile che ne stampi alcune in cui c’è scritto “Euros”, altre con “Eurot”, altre con “Euri”, e così via, perché vorrebbe dire stamparne almeno una decina di versioni diverse, o, in alcuni casi, addirittura con caratteri diversi, è il caso della Grecia (c’è da notare, però, che nelle banconote sotto la dicitura “Euro” c’è l’equivalente nell’alfabeto greco).
L’altro motivo è il già accennato decreto della Comunità Europea del 26 ottobre 1998, seguito dai tedeschi, che seguono ogni norma, anche la più stupida e inutile e anche la più vessatoria, e da noi, ma non dagli irlandesi, di solito anch’essi disciplinati, ma che, quando c’è da ribellarsi, lo fanno, come dimostra la rivoluzione che ha portato all’indipendenza ai primi del ‘900. Noi italiani, invece, continuiamo a dire “euro” in banca e “euri” per la strada, visto che il problema non è ritenuto rilevante dai politici, che sono occupati a fare leggi ad personam, e nessuna persona autorevole si è opposta alle decisioni CEE e dell’Accademia della Crusca.
Ma vediamo, dal punto di vista grammaticale, quali sono le parole che rimangono invariate al plurale:
1) tutte le parole provenienti da altre lingue, come film
2) tutte le parole che terminano con vocale accentanta, come virtù
3) tutte le parole che terminano con consonante, come bar
4) tutte le parole che terminano in -i, come crisi
5) parole femminili che terminano in -o, come radio
6) tutte le parole che terminano in -cie, eccetto superficie, come specie
I casi 2, 3, 4, 5 (ricordo che “euro” è maschile, si dice lo Euro, non la Euro) e 6 sono esclusi per ipotesi, l’unico che potrebbe essere controverso è il primo. Ora, Euro potrebbe essere ritenuta una parola straniera, dal momento che è stata coniata da un’organizzazione sovranazionale, ma sarebbe più esatto ritenere che appartenga ad un ipotetico idioma europeo, dal momento che anche noi siamo stati partecipi della creazione di questo nome, e non ci è stato imposto dall’alto.
L’Accademia della Crusca, che ha la mia stessa opinione, giunge però a conclusioni diverse: dal momento che si tratta di una “parola europea” ed è quindi sui generis, in italiano rimane invariata. Ma, dal momento che, eccetto che in Germania, dove già “marco” era invariabile, in tutti gli altri stati al plurale non rimane invariato, perché da noi dovrebbe essere diverso?
Tra l’altro la parola “euro” già esisteva nella lingua italiana, anche se soltanto letteraria, indicava un vento e aveva come plurale “euri”. Riporto dal dizionario De Mauro: “LE spec. con iniz. maiusc., scirocco: la bella Trinacria, che caliga | tra Pachino e Peloro sopra ‘l golfo | che riceve da E. maggior briga (Dante)”.
C’è da dire che l’esempio è da prendere come tale, non come uso più recente della parola, visto che nel 1780 è stata usata da Varesco, librettista di Mozart, nel 1803 da Foscolo, tra il 1850 e il 1860 da Carducci. Riporto gli ultimi due come esempi:
Regina fu, Citera
e Cipro ove perpetua
odora primavera
regnò beata, e l’isole
che col selvoso dorso
rompono agli Euri e al grande Ionio il corso.
[Foscolo: All'amica risanata, Odi, 79-84]
Ma le dolenti imagini
Si portin gli euri in mare:
Diciam parole prospere:
Benigno Amor ne appare.
[Carducci: A Febo Apolline, Juvenilia, 53-56]
Per questo motivo ritengo la mia opinione, anche se indubbiamente meno autorevole, più valida di quella degli Accademici, che comunque rispetto, ma non condivido. Il problema è che purtroppo in Italia non esiste un organo statale preposto alla difesa della lingua italiana, come può essere la Real Academia Española in Spagna, per cui è ragionevole che seguiamo l’uso che ci è stato imposto dall’alto, anche se è sbagliato e del tutto innaturale, all’italiano viene da dire gli euri, non gli euro, perché dovrebbe seguire la stessa regola di palo, che al plurale fa i pali, non i palo!
La cosa strana è che la lingua italiana, che dovrebbe essere quanto di più democratico esista, perché le regole sono state decise dalla gente, non da una sorta di Demiurgo che tutto fa e tutto disfa a suo piacimento, forse per la prima volta si è piegata ad un’imposizione proveniente dall’alto, e questo di per sé è preoccupante, anche se le conseguenze sono comunque circoscritte. A dimostrazione di questa democrazia dell’italiano posso addurre come prova il fatto che, forse, l’”italiano” non esiste, in ogni regione, provincia, città, si parla una lingua leggermente diversa, influenzata dai dialetti e dalle lingue regionali.
Massimo
2 commenti:
Certo. E poi diremo orecchi, diti, muri che fortificano le cittàs, bracci sinistro e destro.... macosadiciii! Ci sono sempre eccezioni. Se preferisci, vedila come parola latina direttamente adottata in italiano, come "sui generis" ;-) o ipse dixit, deus ex machina, illico presto, tu quoque....
E poi, non vedo in cosa un'autorità sovrannazionale farebbe una forzatura calandoci addosso una tale decisione e nel contempo si rimpianga un potere forte come l'Accademie Française che difenda dall'alto l'italianità.
Quid di parole come cruciverba, re, sosia, video, audio (vedasi http://www.mat.uniroma1.it/~gewurz/euri.html ).
Infine, perchè non difendi l'occhialo?
:-D
Scusa, ma arrivo dalla lettura di blog pro-Silvio e mi sento un po' polemico (voglio dire, dal tuo punto di vista, un po' più polemico del solito)
Diego DID
Ovviamente tra gli entusiasti paladini della nuova moneta, insofferenti di fronte alla dicitura "euri", il più estremista eri tu.
Divertenti i primi esempi. Ma il latino preso tale e quale ovviamente non si declina al plurale con le regole dell'italiano. Né si fa il plurale con la "i" dei (pochi) sostantivi indeclinabili, dei latinismi evidenti, nè, "a fortiori", dei nomi composti di latinismi.
L'autorità fa una sciocchezza se ci impone una, come dire, corbelleria.
Penso che serva qualcuno che ami la lingua italiana e la difenda dalla morte del congiuntivo, e dall'uso di forestierismi inutili (in presenza di equivalenti italiani). Mentre auspico meno la nascita di autorità pedanti come l'Academie a cui, suppongo, si devono fenomeni come "ordinateur" quando tutto il mondo dice PC, o i fumetti Disney in cui vengono "tradotte" anche le monete (Paperino pagava in franchi anziché in dollari, prima che arrivasse il famigerato euro).
Se vogliamo essere precisi: si potrebbe dire "occhiale" per il singolare di occhiali :-)
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