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martedì 6 giugno 2006

Prossime tappe imperiali: Iran e Siria

Dopo la parentesi videoludica, torno ad occuparmi molto volentieri di politica estera, sebbene, come spesso accade, le notizie non siano affatto buone. Alla storica questione palestinese ("sospesa" giusto il tempo di contrattare un prezzo piu' basso per i diritti tv sui mondiali di calcio) e ai problemi nell'antica Persia (Iraq e Iran) che vado a sintetizzare, si stanno aggiungendo questioni piu' esplicitamente economiche e piuttosto preoccupanti.

L'intervento "finto umanitario" in Iraq, iniziato nel 2003, continua a causare migliaia di morti (come evidenziato dal contatore a inizio pagina), in modo assolutamente democratico: muoiono americani, iracheni, "stranieri", militari e civili. Le diverse fazioni locali, in lotta tra di loro, sono unite nell'attaccare l'invasore.

L'Iran rivendica il diritto all'energia nucleare, ma gli Stati Uniti sostengono che il vero scopo sia la produzione di armi atomiche (e questo spesso è vero, ma vale per tutti). Sempre della serie: "Noi e i nostri amici possiamo giocare con il fuoco perchè siamo bravi, voi invece siete inferiori e quindi in mano vostra questo gioco è pericoloso".
Il Presidente iraniano Ahamadinejad, sebbene poco incline ad evitare tensioni con gli Stati Uniti (per usare un eufemismo), il mese scorso ha mandato a Bush la prima comunicazione diretta tra Iran e Stati Uniti degli ultimi 20 anni. Una lettera di impronta spirituale, in cui ha citato i valori cristiani e criticato la politica estera americana. Visto il taglio filosofico della lettera, Bush non ha ritenuto opportuno rispondere.
A questo proposito e per una visione d'insieme della storia dell'Iran dalla morte di Khomeini a oggi, consiglio l'articolo del Maestro Igor Man, che ho avuto l'onore di intervistare il mese scorso in occasione della Fiera del Libro.


Per quanto riguarda invece le nuove ombre all'orizzonte, sintetizzo quanto riferito, a titolo di indiscrezione non confermata, dal sito "Comedonchisciotte.net": la Russia si prepara a sostenere, in caso di conflitto, Iran e Siria (da tempo indicati come prossime vittime degli interventi militari statunitensi). Prova indiziaria sarebbero le operazioni volte a sostituire il dollaro con l'euro come moneta di riferimento per il rublo (l'80% del greggio russo esportato viene venduto all'Europa). Il peso di una simile operazione emerge piu' chiaramente considerando il fatto che l'Iraq, in tempi precedenti all'intervento militare Usa, aveva cominciato a farsi pagare il petrolio in euro.
E' l'intero continente asiatico a prepararsi al distacco dal dollaro: dopo la Malesia toccherà alla Cina, e questo causerà una crisi finanziaria enorme negli Stati Uniti (si prevede un aumento vertiginoso del deficit e dei tassi, nonchè effetti devastanti per la classe media americana). In breve tempo ci sarà un crollo delle importazioni Usa di petrolio (l'Iran ha minacciato piu' volte di sospendere l'esportazione verso gli Stati che lo ostacoleranno) e nel giro di tre anni le banche asiatiche avranno voltato le spalle al dollaro.

Tornando alla guerra in Iran, si parla di un attentato ai mondiali di Germania come casus belli atteso dagli americani (e dagli israeliani) per poter sferrare l'attacco. Una delle fonti è nexus.com che in questa pagina evidenzia l'atteggiamento ambiguo di Israele nei confronti della Nato, mirato a farsi aiutare in caso di conflitto, ma non a entrare nell'Alleanza, in modo da mantenere autonomia di azione e poter così attaccare chiunque. In particolare però viene evidenziata l'interessante presa di posizione della Svezia, che partecipa alle operazioni Nato solo se puramente di "peace keeping", rifiutando ad esempio le esercitazioni effettuate da poco in Sardegna, ritenute poco trasparenti a causa, appunto, dell'inedita presenza israeliana.

Massimo

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