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giovedì 8 ottobre 2009

Giustizia è fatta: il Lodo Alfano non è più legge

"Godo Alfano" titola oggi Marco Travaglio, che parla di gioia irrefrenabile per i veri democratici. Io, ritenendomi democratico prima ancora che Democratico, esulto.

La BBC, notoriamente filomarxista, afferma: "La corte costituzionale ha rovesciato una legge che garantiva a Berlusconi
l'immunità dalle azioni giudiziarie durante la carica". E prima ancora: "Gli scandali personali in Italia influiscono sulla psiche del pubblico in modo diverso rispetto agli altri Paesi. Berlusconi addirittura ne ha usati alcuni come motivi d'orgoglio, leggendo abilmente l'umore ampiamente tollerante del pubblico e sfruttando il fatto che non c'è una vera opposizione politica contro di lui". "Ora, entrando in una nuova era, senza lo scudo della immunità giuridica, la sua armatura non può ancora essere trafitta, ma è stata intaccata".



Il Lodo Alfano sospendeva i processi per le quattro alte cariche dello Stato (Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio). I giudici costituzionali della Consulta, con nove voti a favore e sei contrari, si sono espressi contro la costituzionalità del "Lodo", per violazione dell'articolo 3 Costituzione (principio di uguaglianza) e dell'articolo 138 (obbligo di ricorso a legge costituzionale e non ordinaria); quest'ultimo riferimento escluderebbe una nuova legge ordinaria sulla materia (basterà?).
La corte ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale proposte dal Gip del Tribunale di Roma (in relazione a un procedimento per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all'estero durante la scorsa legislatura) per "vizio formale": non era stata avanzata nella giusta fase del procedimento.



Bossi invita alla guerra, Brunetta parla di golpe. Naturalmente il "Primus super pares" (forse da intendersi come il capo dei briganti) non accetta la sentenza. La "logica", esemplarmente berlusconiana, sarebbe questa: la sentenza è contraria ai desiderata di SB, quindi è stata emessa da giudici comunisti, quindi la Corte Costituzionale e la sentenza non sono legittime.
E via a delegittimare il Presidente della Repubblica (molto grave, in un Paese normale, ma da noi lo fa anche l'opposizione con Di Pietro): "Il presidente della Repubblica è stato eletto da una maggioranza di sinistra, ha radici totali nella sua storia di sinistra e anche il suo ultimo atto di nomina di uno dei giudici della Corte Costituzionale dimostra da che parte stia".
Presidente della Repubblica, Corte costituzionale, giornali: per lui sono tutti di sinistra, ergo dannosi e inaffidabili. Da anni ci vuol convincere che tutto ciò che non va o che non gli fa comodo, è di sinistra, come ci ricorda oggi Gramellini (che per essere bipartisan conclude argutamente: "Da noi l’unica disgrazia che non sia di sinistra è la sinistra").

Come era logico aspettarsi, parti dell'opposizione approfittano della sentenza per chiedere le dimissioni del premier. Sarebbe opportuno, ma non credo sia questo il punto. Finalmente il premier, come tutti gli altri cittadini, dovrà essere processato, anziché fruire di una legge fatta da lui che gli consente di rimandare a fine mandato, in attesa magari di rendere legale il fatto compiuto con un'altra legge ad personam. Due processi erano sospesi da un anno e vengono sbloccati dalla decisione di ieri: quello sui diritti tv (presunti fondi neri creati da Mediaset con la compravendita di diritti tv e cinematografici) e quello sul caso Mills (avvocato inglese già condannato per aver testimoniato due volte il falso in favore di SB). Le dimissioni, nei contesti civili, vengono presentate di solito quando si riconosce che la propria condizione non è più adatta, per vari motivi, al ruolo che si ricopre, e quindi per opportunità politica ci si fa da parte. Ma non stiamo parlando di un contesto particolarmente civile ed elegante, e il premier in questione, tanto pronto a chiedere la testa degli altri nelle rare volte in cui non è al potere, si sente investito dal voto del popolo a prescindere da qualsiasi cosa succeda dopo. E finora non si è schiodato dalla poltrona nemmeno nelle condizioni più penose: da una quindicina di 15 anni SB non si degna di dimettersi, pur avendoci regalato spesso un triste teatro di malgoverno, di improponibili gaffe istituzionali, di maggioranza spaccata. E naturalmente di gravi questioni penali pendenti su figure chiave del Paese.


Massimo

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