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martedì 19 febbraio 2008

I soliti furbetti

Nel PD si parla molto di "nuovo" ma il rinnovamento di metodi e persone stenta a decollare. Il "porcellum" (la legge elettorale scritta da Calderoli per rendere ingovernabile il Paese in vista della sconfitta elettorale), mettendo tutto in mano alle segreterie di partito, renderebbe doveroso fare un minimo di primarie. Ma le liste (bloccate) vanno consegnate tra 2 settimane, quindi sembra che la migliore delle ipotesi sia una consultazione dei circoli territoriali (che al momento sostituiscono le ex sezioni di partito), a inizio marzo, un po' meno condivisibili eventuali "mini-primarie" in cui votino gli eletti del 14 ottobre scorso (le primarie "di Veltroni"), cioè i delegati delle assemblee regionali. I quali non sono votati per scegliere i deputati, ma per nominare i segretari e redigere gli Statuti.


A maggior ragione in tale contesto, mi lascia perplesso la scelta del PD di mettere capolista al nord Matteo Colaninno. Presidente dei giovani industriali italiani, ma soprattutto figlio di "quel" Colaninno, uno dei "primi" furbetti del quartierino. Difficile pensare che Matteo si sia fatto da solo, senza giovarsi delle plusvalenze "guadagnate" dal padre, appoggiato da D'Alema & C.


Non che candidare gli industriali di per sè sia sbagliato. Anzi, sembra più sensato rispetto alla ricerca di consenso tramite personaggi noti ma non necessariamente politici competenti, come il bravissimo attore Neri Marcorè, chiamati - presumibilmente - per sfruttarne la notorietà in altri campi.
Si cerca di piacere un po' a tutti, industria, moderati, indecisi della Cdl... In tempi di campagna elettorale, per giunta con uno svantaggio da colmare, le strategie efficaci sono bene accette, se si rispettano alcune condizioni: non ci si svenda, si resti credibili, si mantenga più integrità morale rispetto a chi è sceso in campo per salvare le aziende e non andare in galera, non si pieghino programmi, obiettivi e politica alla ricerca di qualche voto in più. Come ho già avuto modo di scrivere, il pretesto di dover battere Berlusconi non giustifica l'uso di qualsiasi mezzo, meno ancora quello di adottare gli stessi comportamenti contestati agli altri.
E bisogna chiedersi se davvero la strategia è efficace. In questo caso sembra di si. Probabilmente sono state considerate, oltre all'utilità dell'appoggio degli industriali, la memoria corta degli elettori e la tendenza a votare la persona o il cognome noto, aldilà dei meriti e dei demeriti.




Massimo

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